“Ho scritto un romanzo perché me ne è venuta voglia. Credo sia una ragione sufficiente per mettersi a raccontare. L’uomo è animale fabulatore per natura. Ho incominciato a scrivere nel marzo ’78, mosso da una idea seminale. Avevo voglia di avvelenare un monaco. Credo che un romanzo nasca da una idea di questo genere, il resto è polpa che si aggiunge strada facendo” – Il nome della rosa, Umberto Eco.
Qualche settimana fa ho finito di leggere Il nome della rosa
Prima di iniziare il libro non sapevo nulla della storia e nulla del delitto nell’abbazia di monaci, quindi molte sono state le sorprese e le emozioni durante la mia lettura.
I delitti del 1327 svolti nell’abbazia benedettina, forse in Liguria, sono narrati da Adso da Melk, allievo del monaco inglese Guglielmo da Baskerville.
Guglielmo e Adso sono due monaci investigatori inviati all’abbazia per indagare sui delitti che sembrano ruotare attorno alla biblioteca del monastero, che nasconde un misterioso segreto.

Considerando i delitti avvenuti nell’abbazia, ai quali assistono anche i due monaci investigatori, possiamo dire che il nome della rosa è un “giallo” con spunti filosofici. Ecco come si presenta Guglielmo:
“E io invece trovo il diletto più gaudioso nel dipanare una bella e intricata matassa. E sarà ancora perché‚ in un momento in cui, come filosofo, dubito che il mondo abbia un ordine, mi consola scoprire, se non un ordine, almeno una serie di connessioni in piccole porzioni degli affari del mondo”.
Il libro è anche un romanzo storico e religioso: le vicende e i personaggi, seppur inventati, sono descritti in modo dettagliato nel medioevo del XIV secolo, con le controversie religiose e scontri tra Papato e Impero, tra Guelfi e Ghibellini.
La biblioteca, il labirinto ed i misteri dell’abbazia
La parte più misteriosa dell’abbazia è certamente la biblioteca: un grande labirinto in cui se entri non sei sicuro di poter uscire!
“Nessuno deve. Nessuno può. Nessuno, volendolo, vi riuscirebbe. La biblioteca si difende da sola, insondabile come la verità che ospita, ingannevole come la menzogna che custodisce”.
La biblioteca è un labirinto che protegge il sapere materialmente, perché il labirinto rende difficile orientarsi, e spiritualmente, poiché la biblioteca dell’abbazia era creduta difesa da spiriti. La biblioteca di Eco sembra un ostacolo alla diffusione del sapere infatti la Chiesa medioevale riteneva la conoscenza non adatta a tutte le persone.
Umberto Eco è morto da poco e già si discute sul destino della sua biblioteca personale: più di trentamila volumi tra libri rari, antichi e moderni. Le città di Milano e Bologna si contendono l’opportunità di ospitare questi libri per consentirne la consultazione.
C’è una relazione tra la biblioteca di Eco e la biblioteca dell’abbazia benedettina?
“Il bene di un libro sta nell’essere letto. […] Senza un occhio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quindi è muto. Questa biblioteca è nata forse per salvare i libri che contiene, ma ora vive per seppellirli. Per questo è diventata fomite di empietà”.
Elisa 🙂