Catullo vivere è amare

Il Carme 5 di Catullo del I secolo a.C, è uno dei più celebri dell’intera letteratura latina: un inno all’amore e alla vita

Il Carme 5 di Catullo

Chi studia Latino non può evitare la verifica sul Carme 5 di Catullo alla quale la mia prof. Magda Indiveri ha dedicato più di una appassionata lezione. Provo a condividere qualcosa, non solo alcuni aspetti tecnici, di questi tredici versi per i quali la sintesi “vivere è amare” è l’inno all’amore e alla vita di Gaius Valerius Catullus, giunto a noi dopo oltre 2.000 anni.

catullo vivere è amare

Il primo ed il secondo verso del Carme 5 si contrappongono per differenza di suoni generati dalle vocali utilizzate: come due catene foniche. Infatti nel primo verso

 [1] Vivamus, mea Lesbia, atque amemus,

c’è prevalenza della vocale “a”, che contrasta con il secondo verso

 [2] rumoresque senum severiorum

caratterizzato da forte assonanza della consonante “s” e prevalenza della vocale “u” e della consonante “r”.  Queste differenze contribuiscono a rendere il contrasto dei versi tra il godimento di una vita d’amore dei giovani (v.1) ed i severi anziani “antagonisti” dell’amore (v.2). Anche dal punto di vista sintattico i primi due versi si contrappongono, nel primo sono presenti due verbi: “vivamus” e “amemus”, nel secondo nessuno. I due verbi sono congiuntivi esortativi, come inviti che il poeta rivolge a se stesso e alla propria amata “mea Lesbia”. “Vivamus” all’inizio del verso e “amemus” alla fine, esaltano non solo la felicità ma esortano a vivere e amare. L’allitterazione delle consonanti “r” ed “s” (v.2) ricorda la catena fonica delle chiacchiere e dei pettegolezzi tipici di molti anziani “senum”. Il tema dei pettegolezzi degli anziani è indicato come contrasto tra il giovane poeta (che esorta a vivere e amare) e le regole-convenzioni del mondo adulto, moralista e conservatore “severiorum”.  Inoltre nell’antica Roma l’amore è considerato un’esperienza giovanile più che adulta: la tradizione del “Civis Romanus” includeva anche il matrimonio come patto stabilito per alleanza tra famiglie, che poteva non corrispondere alle relazioni sentimentali tra sposi. Catullo in due versi rivendica il ruolo centrale dell’amore, ragione della nostra vita: “vivamus… amemus”. Il contrasto fra “vivamus/amemus” e “senum/severiorum” è ribadito nel verso 3

[3] omnes unius aestimemus assis

dall’accostamento fra “omnes” e “unius”: tutti i “rumores” (v.2) secondo Catullo sono apprezzati come moneta di scarso valore “assis”. Il verso 3, a conclusione dei primi 2, è il giudizio netto del poeta ed ha una funzione molto critica verso gli “antagonisti” dell’amore.

 [4] Soles occidere et redire possunt;

Soles (sol, solis) ovvero Sole, figura retorica che, per metonimia, sostituisce il termine “dies” con una relazione non solo di vicinanza/assonanza, ma di significato poiché sostituendo “dies” con “soles” il poeta non fa tramontare solo i giorni, ma l’astro più grande del nostro sistema solare: il Sole. Non solo “soles”, ma anche la luce “lux” tramonta nel verso 5,

 [5] nobis, cum semel occidit brevis lux,

è un tramonto differente: i Soli possono ritornare, come la natura che continuamente si rinnova; invece la “lux” della vita umana non solo è breve “brevis”, ma quando tramonta

[6] nox est perpetua una dormienda.

è per sempre una “perpetua una dormienda”: una eterna notte. Leggendo verticalmente si nota infine il contrasto tra “soles” e “nobis”: mentre la natura (soles) muore e rinasce, noi invece (nobis) siamo destinati ad una sorte diversa.

 [7] Da mi basia mille, deinde centum,

[8] dèin mille àltera, dèin secunda centum,

[9] deinde usque altera mille, deinde centum.

[10] Dein, cum milia multa fecerimus,

Catullo usa tre volte gli avverbi “deinde” e “dein” disposti a gruppi di 1+2 e 2+1: deinde (v.7), dein…dein (v.8) e deinde…deinde (v.9), dein (v.10), creando continue anafore ed epifore. Queste ripetizioni rendono più veloce il ritmo della poesia; le parole brevi bisillabiche “mille”, “deinde” e “centum” producono un ritmo rapido, incalzante ed una sensazione di velocità. Questi avverbi sono alternati da iperboli numeriche in climax crescente (mille, centum, mille altera, secunda centum, altera mille, fino a milia multa v. 10). 

 [11] cònturbàbimus ìlla, nè sciàmus,

[12] àut nequìs malus ìnvidère pòssit,

Il ruolo degli estranei, gli anziani severi (“senes severiorum”) e i maligni (“malus”), è molto critico verso gli innamorati, verso coloro che sostengono “vivamus… amemus”. L’amore di Catullo è l’antidoto contro i mali che lo affliggono, il destino di morte e le convenzioni della società, degli estranei: “senes” (v. 2) e “malus” (v. 12). L’amore di Catullo per Lesbia è profondissimo e rischia l’invidia del maligno che è meglio non

 [13] cùm tantùm sciat èsse bàsiòrum.

Elisa 😉

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